L’Ottocento Trentino è segnato, da un lato all’appartenenza all’impero degli Asburgo dall’altro allarecrudescenza dell’emigrazione, stagionale e permanente. A cavallo tra fine Ottocento e inizio Novecento, alcune centinaia di famiglie si divisero tra Austria, Bosnia, Transilvania e Ungheria, pur rimanendo all’interno del confine Austro-ungarico. A loro ed ai loro figli è dedicato questo lavoro.Attraverso di loro, e grazie a loro, ricordiamo la storia dell’emigrazione e della diaspora trentina,invisibile a chi non la conosce e così reale per chi l’ha conosciuta, o la vuol conoscere.
Titolo - trama
Il racconto scenico inizia da un corso d’acqua perenne che racchiude il vociferare delle montagne, dei paesi, della valle, i suoni dei boschi da lui costruiti. Lento, inesorabile, il fiume scorre. Come tutto scorre.Il fiume raccoglie l’acqua che cade. La pioggia diventa incessante. I torrenti straripano. I paesi si allagano. La natura spezza l’incanto. Il vociferare racconta la fuga. Le montagne si svuotano. Ora,il fiume non è più un corso d’acqua, ma il carro preparato da una coppia di giovani che si sposa prima del grande viaggio, l’incedere di chi emigra, i mille volti di chi cammina cantando la propria vita, per scorrere – lentamente, verso un approdo.
Nel cammino torna la forza, il coraggio, l’avventura del ricominciare. Lontani da casa. I luoghi che il fiume raggiunge sembrano quelli che aveva lasciato, come Prnjavor. Forse qui si sta bene. Ci sono terre. Si può coltivare. E ci sono fabbriche. Si può lavorare. In questo fiume di occhi, di bocche, di mani, di piedi confluiscono altri occhi, altre bocche, altre mani, altri piedi, quindi altre voci, altre storie, altri colori. I dialetti si confondono, i canti si mescolano, i linguaggi s’inventano. Il fiume crea nuove comunità.
La Storia scorre. Chi rimane accetta nuovi confini. Chi riprende il viaggio invece cerca altri confini in quel piccolo punto in movimento, che è l’Europa del novecento, dove la Storia che scorre è una terra che non sfama, dove le viti diventano armi, dove il cielo a volte torna ad oscurarsi.
Le terre si riempiono e si svuotano di uomini con i canti delle proprie storie ancora oggi.
Gli occhi, le bocche, le mani, le braccia del fiume diventano un unico uomo che come il secolo stanco assiste incredulo con il suo violoncello allo scorrere di un fiume che racconta di ieri e di oggi la stessa storia.“Come un fiume” è il racconto di un eterno andare e tornare che ha creato identità, confuso ricordi, smarrito appartenenze; è il racconto di chi ricostruisce la propria realtà partendo dal confronto con quella che ha lasciato a casa. Sulla scena prende così vita il racconto di chi nel lungo viaggio del Novecento ha avuto paura di non essere più riconosciuto. Dilemmi sempre attuali in una società che continua ad essere fatta di partenze, di ritorni, treni, navi, e spostamenti.
Dettagli
Drammaturgia e regia: Flora Sarrubbo
con: Maura Pettoruso, Stefano Detassis, Flora Sarrubbo, Maura Pettorusso, più musicisti
Musiche: Renato Morelli
Eseguite da: T.T.T. express · Musiche dal Trentino, Tirolo, Transilvania
Grafica: Matteo Fait
Tecnico audio/luci: Simone Meneghelli